Benjamin Netanyahu ha deciso di intraprendere un viaggio senza la presenza di giornalisti, rinunciando alle tradizionali dichiarazioni prima della partenza, in vista del suo incontro con Donald Trump a Mar-a-Lago, che si è ormai affermata come un centro nevralgico della diplomazia internazionale. La situazione è complessa: il primo ministro israeliano necessita del supporto americano per rafforzare la sua posizione sia a livello globale che interno. Durante i colloqui in Florida, i temi di Gaza, Hezbollah e Iran saranno al centro dell’attenzione. Netanyahu è consapevole di aver bisogno del sostegno del magnate per aumentare il suo consenso in vista delle elezioni del 2026, soprattutto considerando che la sua coalizione è attualmente indebolita da divisioni interne e da due anni di conflitti che hanno profondamente scosso la società israeliana.
Il quinto incontro a Mar-a-lago
L’incontro di Mar-a-Lago, previsto per il 15 gennaio 2025, rappresenta il quinto incontro tra Netanyahu e Trump da quando quest’ultimo è tornato alla Casa Bianca. Questo appuntamento sarà cruciale per Washington, che potrebbe insistere sulla seconda fase del cessate il fuoco a Gaza. Tra le proposte sul tavolo, vi è l’istituzione di un governo tecnico palestinese per la Striscia e l’invio di una forza internazionale di stabilizzazione, accompagnata da un ulteriore ritiro delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) dall’area. Tuttavia, Israele e Hamas non hanno ancora formalmente concordato sulla seconda fase del cessate il fuoco e si accusano a vicenda di aver infranto i termini della prima fase. Hamas deve ancora restituire il corpo di un ostaggio, Ran Gvili, mentre Israele non ha riaperto il valico di Rafah per i passaggi in entrambe le direzioni, consentendo solo l’uscita dalla Striscia.
Le preoccupazioni di Israele
Durante il summit, Netanyahu porterà sul tavolo le crescenti preoccupazioni di Israele riguardo all’Iran e alla situazione in Libano. Lo Stato ebraico si sente minacciato dal fatto che Teheran stia ricostruendo e ampliando la sua capacità di produzione di missili balistici, un tema emerso dopo il conflitto di 12 giorni avvenuto nel giugno 2024. Inoltre, Israele ha avvertito che riprenderà le operazioni militari se il governo di Beirut non rispetterà la scadenza di Capodanno per il disarmo di Hezbollah, che ha già dichiarato di non voler deporre le armi finché proseguono i raid dell’IDF nel sud del Libano.
Strategie politiche e alleanze
In questo contesto, Netanyahu potrebbe considerare di scambiare il via libera per progressi nel piano di pace della Striscia con un supporto americano per un’eventuale azione militare contro l’Iran o il Libano. Inoltre, il primo ministro israeliano cercherà di ottenere il sostegno di Trump in vista delle elezioni israeliane previste per ottobre 2026. I sondaggi attuali indicano che la sua coalizione non raggiunge la maggioranza di 61 seggi sui 120 della Knesset, oscillando tra i 49 e i 54 seggi. Tuttavia, la resilienza di Netanyahu è ben nota: ha mantenuto il potere per quasi 18 anni, affrontando e superando crisi significative, dalle proteste contro la riforma giudiziaria fino agli eventi del 7 ottobre e la successiva offensiva a Gaza.
Netanyahu ha storicamente utilizzato Trump come figura chiave per guadagnare consenso tra gli israeliani. Durante le elezioni del 2019 e 2020, il Likud ha riempito le strade di manifesti che ritraevano i due leader mentre si stringevano la mano. Per il prossimo anno, Netanyahu mira a ripetere questa strategia di alleanza. Fonti del Likud riportano che il premier ha già discusso la possibilità di ospitare Trump in Israele nei prossimi mesi. Nel frattempo, Netanyahu cercherà di ottenere una grazia dai procedimenti giudiziari in corso, richiesta formalmente al presidente Isaac Herzog, anche in seguito al sostegno espresso da Trump in un discorso alla Knesset nell’ottobre 2024, che molti analisti considerano come l’inizio della campagna elettorale in Israele.
