Una nuova indagine ha portato alla luce una vasta gamma di documenti interni riguardanti i servizi segreti siriani, rivelando oltre 134mila file e 33mila fotografie. Questo materiale, analizzato in modo sistematico, conferma le informazioni precedentemente note, ma spesso disperse e aneddotiche, sulle modalità di controllo e repressione del regime di potere degli Assad, che ha governato per oltre cinquant’anni e che è stato deposto un anno fa.
Dettagli dell’inchiesta
I “Dossier di Damasco”, un’iniziativa che ha coinvolto diverse piattaforme giornalistiche e guidata dalla radio tedesca NDR insieme al Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (ICIJ), ha messo in evidenza la brutalità del regime. Le indagini hanno rivelato la sistematicità delle esecuzioni di detenuti, la falsificazione dei certificati di morte e il funzionamento coordinato della macchina repressiva del regime di Bashar al Assad.
Le informazioni emerse nelle ultime ore mostrano che negli ospedali militari di Damasco, in particolare negli ospedali di Harasta e Tishrin, la causa di morte ufficialmente riportata era quasi sempre “arresto cardiorespiratorio“. Questa terminologia veniva utilizzata per nascondere le uccisioni avvenute durante le torture e le detenzioni. Le immagini analizzate, scattate da fotografi militari, documentano oltre 10.200 corpi numerati e catalogati nel periodo compreso tra il 2015 e il 2024, offrendo una testimonianza visiva agghiacciante della violenza del regime.
Relazioni internazionali e finanziamenti
Dai dossier emergono anche dettagli sui rapporti operativi tra i servizi siriani, le forze russe, l’Iran e le agenzie delle Nazioni Unite attive in Siria. Secondo le indagini, almeno 11 milioni di dollari di fondi delle Nazioni Unite sarebbero stati trasferiti a una società di sicurezza sotto il controllo degli apparati dell’ex regime. Questa scoperta solleva interrogativi significativi sulla gestione dei fondi umanitari e sulla loro destinazione finale, evidenziando la complessità delle dinamiche geopolitiche in atto.
Il caso di Rami Makhlouf
L’analisi ha anche permesso di ricostruire parte del patrimonio dell’imprenditore Rami Makhlouf, cugino dell’ex presidente Bashar al Assad e considerato per lungo tempo il “banchiere del regime“. Makhlouf ha giocato un ruolo cruciale nell’economia siriana, gestendo affari che si intrecciano con le politiche del regime. La sua figura rimane centrale per comprendere le dynamiche di potere e le reti di corruzione che hanno caratterizzato gli anni di governo degli Assad.
Questa inchiesta rappresenta un passo significativo verso la comprensione della brutalità del regime siriano e delle sue interazioni con attori internazionali, gettando luce su un capitolo oscuro della storia recente della Siria.
