Benyamin Netanyahu ha dichiarato con fermezza che è Israele a stabilire quali forze siano inaccettabili per il proprio Stato. Il primo ministro israeliano ha sottolineato il diritto di veto del suo paese sulla creazione di una forza internazionale di stabilizzazione, proposta dagli Stati Uniti, per garantire la sicurezza della Striscia di Gaza nel periodo post-bellico. Questa affermazione arriva in un momento delicato, mentre le tensioni con la Turchia di Recep Tayyip Erdogan si intensificano, con Israele che ha già negato l’accesso a squadre turche per il recupero dei corpi di ostaggi, preferendo invece l’intervento di team egiziani e della Croce Rossa.
Le dichiarazioni di Netanyahu e il contesto interno
Netanyahu ha affermato: “Siamo uno Stato indipendente” e ha ribadito che “la nostra politica di sicurezza è nelle nostre mani”. Queste parole sono un chiaro segnale che Israele intende rispondere autonomamente a eventuali attacchi, facendo riferimento a precedenti azioni in Libano e recentemente a Gaza. Nonostante le visite di alti funzionari americani, come Donald Trump e Marco Rubio, Netanyahu ha voluto chiarire che non c’è alcuna cessione di potere agli Stati Uniti. Questo messaggio non è solo rivolto alla comunità internazionale, ma ha anche un significato interno. Infatti, il premier si trova in una posizione vulnerabile, senza una maggioranza parlamentare e con una coalizione indebolita dall’accordo con Hamas, che ha suscitato critiche all’interno del suo stesso governo. La necessità di mostrarsi forte e indipendente da Washington è quindi cruciale per la sua leadership.
Le pressioni e le decisioni su Gaza
Con l’impossibilità di Hamas di consegnare i corpi degli ostaggi, Israele sta considerando di interrompere gli aiuti a Gaza come forma di pressione sul gruppo terroristico. Tuttavia, secondo quanto riportato da Channel 12, l’amministrazione di Trump avrebbe bloccato questa mossa, preoccupata per la stabilità della tregua. Funzionari statunitensi hanno dichiarato che “mettere in pericolo gli aiuti umanitari è una linea rossa” per il presidente. Questa situazione mette in luce il delicato equilibrio tra le esigenze di sicurezza israeliane e le pressioni internazionali per mantenere la pace nella regione.
Le dinamiche della restituzione dei corpi
Negli ultimi giorni, sono circolate voci riguardo alla possibile restituzione di almeno due corpi di ostaggi a Gaza, ma rimangono ancora 13 corpi da recuperare. Una squadra egiziana si è unita alle ricerche nella Striscia, mentre la Croce Rossa sta collaborando con i miliziani di Hamas per cercare i resti dei rapiti nella zona di Rafah, al di fuori del controllo dell’IDF. Il recupero di questi corpi è fondamentale per avviare la fase due dell’accordo, che include il dispiegamento della forza di stabilizzazione internazionale e il disarmo di Hamas, una questione delicata che Netanyahu ha sollevato più volte.
Le posizioni di Hamas e le future elezioni
Il leader dei miliziani di Hamas, Khalil al-Hayya, ha dichiarato che le armi del gruppo sono legate all’occupazione israeliana. Secondo lui, se l’occupazione dovesse terminare, le armi verrebbero consegnate allo Stato. Al-Hayya ha anche affermato che Hamas è disposto a trasferire le responsabilità amministrative di Gaza a un organismo nazionale palestinese e ha espresso la volontà di organizzare elezioni in tutta la Palestina. Queste dichiarazioni evidenziano le complesse dinamiche politiche all’interno della regione e il futuro incerto della governance palestinese.
