La riforma della finanza vaticana ha ufficialmente preso avvio con la pubblicazione del Motu Proprio “Coniuncta Cura” su L’Osservatore Romano. Il 5 gennaio 2025, Papa Leone XIV ha ridefinito i ruoli delle istituzioni economiche della Santa Sede, ponendo fine all’esclusiva sugli investimenti detenuta dall’Istituto per le Opere di Religione (Ior) e restituendo all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) un ruolo centrale nella gestione dei fondi. Questa decisione, in linea con le raccomandazioni del Consiglio per l’Economia e del Comitato per gli Investimenti, si propone di instaurare una “responsabilità condivisa” tra gli organismi curiali, seguendo le linee guida della Costituzione apostolica Praedicate Evangelium.
Modifiche immediate per Apsa e Ior
La nuova normativa segna un ritorno dell’Apsa come principale ente responsabile della gestione patrimoniale del Vaticano. Durante il pontificato di Papa Francesco, lo Ior aveva ottenuto il monopolio sugli investimenti, ma ora il suo ruolo diventa operativo, senza più l’esclusività. Il Motu Proprio consente all’Apsa di utilizzare la struttura interna dello Ior per operazioni finanziarie, ma per la prima volta ha la facoltà di rivolgersi a intermediari esterni, siano essi italiani o internazionali, se considerati più efficienti o convenienti dal Comitato per gli Investimenti.
Importanza della fine dell’esclusiva: governance, controlli e trasparenza
La decisione di Papa Leone XIV non è solo di natura tecnica, ma anche profondamente istituzionale. Con la nozione di “corresponsabilità nella communio”, il Pontefice introduce un modello di gestione collegiale delle risorse della Santa Sede. Questo approccio mira a rafforzare i controlli interni, prevenire concentrazioni di potere economico e garantire una maggiore trasparenza nella gestione dei fondi vaticani, in un contesto di riforme avviate per combattere irregolarità e conflitti d’interesse. Il nuovo equilibrio tra Apsa, Ior e Comitato per gli Investimenti è progettato per promuovere un sistema più bilanciato, fondato sulla verifica reciproca delle competenze.
Abrogazione del Rescriptum del 2022
Il Motu Proprio abroga il Rescriptum ex Audientia del 23 agosto 2022, un provvedimento di Papa Francesco che aveva centralizzato la gestione degli investimenti nello Ior. Questa norma obbligava tutte le entità della Santa Sede a trasferire i propri fondi presso la banca vaticana, conferendo così un ruolo esclusivo nella gestione della liquidità e degli investimenti. Con “Coniuncta Cura”, Papa Leone XIV annulla tale impostazione, restituendo all’Apsa la funzione di amministratore patrimoniale e ponendo lo Ior in una posizione di collaborazione.
Il significato del Motu Proprio nelle riforme papali
Il Motu Proprio rappresenta un atto legislativo emanato direttamente dal Papa “di propria iniziativa”. Questo strumento ha valore di legge universale all’interno della Chiesa cattolica e viene utilizzato per apportare modifiche normative senza passare per procedure collegiali. Con “Coniuncta Cura”, l’atto papale si inserisce tra gli strumenti di governo immediato del Pontefice, permettendo di adattare rapidamente la struttura finanziaria del Vaticano ai principi di efficienza e trasparenza stabiliti dalla riforma curiale di Praedicate Evangelium. Il Motu Proprio richiama esplicitamente l’articolo 219 della Costituzione apostolica, che disciplina le attività economiche e finanziarie della Curia Romana.
Il Comitato per gli investimenti e la politica d’investimento
Un elemento chiave del nuovo assetto è rappresentato dal Comitato per gli Investimenti, previsto dalla Costituzione apostolica del 2022. Questo organismo è incaricato di approvare la Politica d’investimento e di vigilare sulle strategie economiche della Santa Sede. Le raccomandazioni del Comitato sono vincolanti e costituiscono la base tecnica delle decisioni operative di Apsa e Ior. Così, il Papa rafforza il principio di controllo incrociato tra gli organi, limitando l’autonomia decisionale dei singoli enti e garantendo maggiore trasparenza nei processi.
Utilizzo di intermediari esteri: modalità e motivazioni
Il documento papale introduce un elemento di flessibilità, permettendo all’Apsa di avvalersi di intermediari finanziari esteri quando il Comitato per gli Investimenti lo ritenga più conveniente o sicuro rispetto alle strutture vaticane. Questa misura è volta a favorire una gestione professionale e competitiva dei capitali, mantenendo al contempo l’etica e la missione della Santa Sede. La nuova normativa avrà ripercussioni anche sulle diocesi e sugli enti religiosi collegati alla Santa Sede, che dovranno conformarsi alla nuova Politica d’investimento approvata dal Comitato.
Tempistiche e prossimi sviluppi
Il Motu Proprio ha effetto immediato dalla sua pubblicazione. Nei mesi successivi, Apsa e Ior dovranno adeguare i propri statuti interni alle nuove regole, mentre il Comitato per gli Investimenti lavorerà sulla versione aggiornata della Politica d’investimento. Gli osservatori vaticani prevedono un periodo di transizione breve ma significativo, con l’intento di consolidare una gestione finanziaria più trasparente e coerente con la missione pastorale della Santa Sede.
Scandali storici dello Ior
Nel corso degli anni, lo Istituto per le Opere di Religione ha affrontato numerosi scandali che hanno minato la reputazione finanziaria del Vaticano. Il caso più emblematico rimane quello del Banco Ambrosiano nel 1982, che ha lasciato un buco di oltre 1,3 miliardi di dollari. Lo Ior, presieduto da monsignor Paul Marcinkus, è stato accusato di aver emesso lettere di garanzia a società coinvolte nel fallimento. Nonostante l’immunità vaticana, l’episodio ha segnato un momento critico nella storia della finanza cattolica.
Negli anni Duemila, nuovi scandali hanno riacceso l’attenzione. Tra il 2010 e il 2013, durante la presidenza di Ettore Gotti Tedeschi, la magistratura italiana ha aperto un’inchiesta per presunti illeciti legati al trasferimento di 23 milioni di euro. Sebbene l’indagine si sia conclusa senza prove di reati, l’immagine dello Ior ha subito un colpo. Nel 2013, Gotti Tedeschi è stato rimosso, dando avvio a un periodo di instabilità che ha spinto la Santa Sede a rafforzare i controlli interni.
Ulteriori inchieste tra il 2018 e il 2021 hanno portato a condanne nei confronti di due ex dirigenti, Paolo Cipriani e Massimo Tulli, per operazioni imprudenti. Anche la controversia sull’investimento nel complesso “Exchange Palace” di Budapest ha sollevato dubbi sulla trasparenza delle operazioni. Questi episodi hanno evidenziato la necessità di riforme strutturali, culminando nella decisione di Papa Leone XIV di revocare l’esclusiva allo Ior sugli investimenti.
La gestione finanziaria dello Ior nel 2025
Attualmente, lo Istituto per le Opere di Religione continua a rappresentare un pilastro economico della Santa Sede. Secondo il Rapporto annuale 2024, l’istituto gestisce circa 5,7 miliardi di euro tra conti correnti, depositi e fondi patrimoniali. Il patrimonio netto è di circa 732 milioni di euro, con un utile di 32,8 milioni di euro per l’esercizio 2024, in aumento rispetto all’anno precedente.
Sebbene non sia una banca nel senso tradizionale, lo Ior opera come istituto di servizi finanziari per enti religiosi e fondazioni legate alla Santa Sede. Le sue dimensioni, pur inferiori rispetto a grandi istituti internazionali, rimangono significative in relazione alla struttura economica vaticana. I fondi sotto la sua gestione rappresentano una parte liquida del patrimonio complessivo del Vaticano, distinta dalle attività amministrate dall’Apsa, che nel 2023 ha dichiarato un patrimonio di oltre 2,7 miliardi di euro. Questi dati testimoniano la solidità finanziaria dello Ior, impegnato a mantenere equilibrio e trasparenza, in un contesto di vigilanza sempre più rigorosa.