Don Nandino Capovilla, sacerdote veneziano, ha annunciato la sua liberazione tramite i social media, dopo essere stato trattenuto all’aeroporto di Tel Aviv. In un post pubblicato il 12 agosto 2025, Capovilla ha comunicato di essere stato finalmente rilasciato e di avere riottenuto il suo cellulare e la valigia. Ha rivelato di attendere la partenza delle ultime due guardie per poter scrivere il suo messaggio, evidenziando la sua intenzione di volare verso la Grecia quella stessa notte.
La detenzione e il messaggio di denuncia
Nel suo messaggio, Capovilla ha voluto rassicurare i suoi follower sulla sua situazione, affermando: “Sto bene”. Tuttavia, ha colto l’occasione per denunciare le azioni del governo israeliano, sottolineando che “basta una riga” per informare che sta bene, mentre il resto delle sue parole è dedicato a chiedere sanzioni contro uno Stato che, secondo lui, commette gravi violazioni, bombardando luoghi di culto come moschee e chiese.
Il sacerdote ha inoltre espresso il suo rifiuto di concedere interviste ai giornalisti riguardo le sue sette ore di detenzione, a meno che non si parli della condizione del popolo palestinese, che, secondo Capovilla, vive in una situazione di prigionia da settant’anni. Questa dichiarazione mette in evidenza il suo impegno per i diritti umani e per la giustizia sociale, ponendo l’accento su una questione che continua a suscitare dibattiti a livello internazionale.
Il contesto geopolitico
La situazione in Medio Oriente, e in particolare il conflitto israelo-palestinese, è complessa e intricata. La detenzione di Capovilla si inserisce in un contesto di tensioni crescenti tra le due parti, con frequenti segnalazioni di violenze e violazioni dei diritti umani. Le parole del sacerdote veneziano si uniscono a quelle di molti altri attivisti e sostenitori dei diritti umani che chiedono una maggiore attenzione da parte della comunità internazionale verso le sofferenze del popolo palestinese.
Con il suo messaggio, Don Capovilla non solo informa sulla sua liberazione, ma cerca anche di sensibilizzare l’opinione pubblica su una realtà spesso trascurata dai media. La sua esperienza personale diventa così un veicolo per una denuncia più ampia delle ingiustizie che colpiscono milioni di persone nella regione.
La sua partenza per la Grecia rappresenta non solo un ritorno alla normalità dopo un episodio di detenzione, ma anche un momento di riflessione su un tema che continua a richiedere attenzione e azione.
