Tregua tra Thailandia e Cambogia: oltre 260 mila sfollati, si cerca la pace

Egidio Luigi

Luglio 28, 2025

Dopo cinque giorni di intensi scontri armati lungo il confine, Thailandia e Cambogia hanno dichiarato un cessate il fuoco immediato e incondizionato. Questa decisione è stata presa al termine di un incontro trilaterale tenutosi a Putrajaya, in Malesia, sotto la presidenza del premier malese Anwar Ibrahim. La tregua è entrata in vigore a partire dalla mezzanotte del 3 gennaio 2025, ora locale. L’offensiva, iniziata giovedì scorso, ha causato almeno 35 vittime e ha costretto oltre 260.000 persone a lasciare le proprie abitazioni, dando origine a una grave crisi umanitaria. La comunità internazionale, inclusi Stati Uniti e Cina, ha esercitato forti pressioni affinché le ostilità cessassero.

Un accordo inaspettato

Il primo ministro cambogiano Hun Manet e il premier thailandese ad interim Phumtham Wechayachai hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco senza condizioni, con l’intento di ripristinare la normalità per le popolazioni colpite. L’intesa, mediata dalla Malesia nell’ambito dell’ASEAN, è stata accolta con favore a livello internazionale. Anwar Ibrahim ha descritto l’accordo come “un primo passo vitale verso la de-escalation e il ripristino della sicurezza nella regione”. Al termine della conferenza stampa, i due leader si sono stretti la mano, esprimendo la loro volontà di “ricostruire fiducia e cooperazione”.

Un bilancio tragico

I combattimenti sono iniziati a seguito dell’esplosione di una mina che ha ferito cinque soldati thailandesi, degenerando rapidamente in scontri a fuoco e bombardamenti lungo la linea di confine. Fonti ufficiali riportano almeno 35 vittime, mentre il numero degli sfollati supera i 260.000. Sono stati allestiti campi di accoglienza in diverse province cambogiane e thailandesi. Le testimonianze dei rifugiati nei centri di evacuazione raccontano di famiglie costrette a fuggire sotto il fuoco, abbandonando tutto in poche ore. “Non voglio più scappare, voglio solo tornare a casa”, ha dichiarato una donna rifugiata nella provincia di Siem Reap.

Interventi diplomatici decisivi

L’intervento della diplomazia internazionale si è rivelato cruciale. Il presidente americano Donald Trump ha avvertito che eventuali accordi commerciali con Bangkok e Phnom Penh sarebbero stati sospesi se le ostilità fossero continuate. Anche Pechino ha preso parte ai negoziati, inviando rappresentanti all’incontro in Malesia. Nella dichiarazione congiunta, Stati Uniti e Cina sono stati indicati come “co-organizzatori del vertice”. Le pressioni bilaterali hanno accelerato il processo di pace, portando alla definizione di una roadmap che prevede meccanismi di verifica multilaterali per monitorare il rispetto della tregua.

Domani, alle 7:00 locali, i vertici militari dei due Paesi si incontreranno per discutere modalità operative e disinnescare eventuali punti di tensione residui. È previsto anche un incontro del comitato congiunto di frontiera il prossimo 4 agosto in Cambogia, per definire i dettagli del monitoraggio della tregua. La diplomazia continua a lavorare anche sul fronte civile, con l’obiettivo di facilitare il ritorno degli sfollati e promuovere la ripresa dei rapporti istituzionali tra i due governi.

La ricerca di stabilità

Il confine tra Thailandia e Cambogia, lungo circa 800 chilometri, è da decenni al centro di dispute territoriali, in particolare per l’area intorno al tempio di Preah Vihear, riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Nel 2011, un altro scontro armato aveva causato vittime e danni a siti archeologici. L’attuale crisi è la più grave da oltre un decennio e ha alimentato tensioni interne in entrambi i Paesi. Le popolazioni locali, già segnate da povertà e difficili condizioni di vita, ora sperano che l’accordo rappresenti l’inizio di un processo duraturo di stabilizzazione.

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