Per i viaggiatori, sia per motivi di lavoro che per piacere, il self check-in è diventato un rituale fondamentale: consente di evitare lunghe attese e appuntamenti con l’host, offrendo la libertà di accedere a una casa, anche solo per una notte, semplicemente inserendo un codice. Questo sistema, simbolo di un’ospitalità moderna e agile, ha alimentato la crescita degli affitti brevi e dei Bed and Breakfast. Tuttavia, la sua natura digitale ha sollevato preoccupazioni tra le istituzioni. Il Consiglio di Stato, con una recente sentenza, ha deciso di riportare l’attenzione sull’importanza della presenza umana nell’accoglienza, imponendo il divieto del check-in completamente autonomo.
Affitti brevi, obbligo di identificazione di persona
Il punto cruciale della questione è chiaro: lo Stato desidera conoscere chi entra in casa, quando e dove soggiorna. Il Consiglio di Stato, rifacendosi all’Articolo 109 del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza), stabilisce che gli albergatori e i gestori di ogni tipo di alloggio devono comunicare i dati degli ospiti alle autorità competenti. Prima della sentenza, c’era chi sosteneva che inviare una foto del documento d’identità tramite WhatsApp o caricarla su un’app fosse sufficiente. Tuttavia, ora questo non è più accettabile. Secondo i giudici, tale pratica non garantisce che la persona presente corrisponda a quella identificata nel documento. Pertanto, è stato stabilito che l’identificazione deve avvenire di persona, in modo diretto.
Come cambia l’arrivo in un B&B
Questa nuova normativa implica che non sarà più possibile consegnare le chiavi o inviare il codice di accesso senza un incontro preliminare tra l’host (o un suo delegato) e l’ospite. L’incontro ha lo scopo di verificare che la persona che si presenta corrisponda a quella indicata nel documento d’identità. Questo passaggio rappresenta un importante filtro di sicurezza. Negli affitti brevi, infatti, esiste il rischio che l’anonimato possa essere sfruttato per attività illecite o per affittare a individui non identificabili, creando così delle vere e proprie “zone franche” all’interno delle città.
L’effetto pratico: meno digitale, più persone
Per molti host e property manager, la sentenza rappresenta un cambiamento significativo. La necessità di essere presenti fisicamente richiederà una riorganizzazione della logistica dei check-in. Nonostante ciò, la comodità del key box non scomparirà completamente: potrà essere utilizzata per l’ingresso, ma solo dopo che l’identificazione è avvenuta di persona. Questa nuova richiesta implica maggiore professionalità e responsabilità per chi opera nel settore dell’ospitalità.
Affitti brevi, fine della flessibilità estrema
In un’epoca in cui è possibile ordinare cibo, acquistare automobili e gestire investimenti senza interazioni fisiche, il Consiglio di Stato sottolinea l’importanza della sicurezza anche nell’ambito dell’ospitalità. La sentenza stabilisce un confine netto: la tecnologia deve essere un mezzo per migliorare l’efficienza, ma non può sostituire il contatto umano. La comodità per l’ospite e l’efficienza per l’host non possono superare l’esigenza dello Stato di proteggere la comunità.
Non passi indietro, ma un turismo più sicuro
Il mercato degli affitti brevi in Italia dovrà ora adattarsi a un nuovo equilibrio. Sarà fondamentale mantenere la modernità e l’efficienza del digitale, ma non durante il momento cruciale dell’identificazione. Il passaggio di testimone tra ospite e struttura dovrà tornare a essere un momento di incontro reale. Non si tratta di un passo indietro, ma di un’iniziativa che mira a rendere il turismo più sicuro e, in ultima analisi, più sostenibile e responsabile.
