La richiesta di una pena di tre anni e dieci mesi è stata formulata oggi, 15 gennaio 2025, dal sostituto procuratore generale di Perugia, Paolo Barlucchi, per sei dipendenti del servizio di Protezione Civile regionale dell’Abruzzo. Questi ultimi sono coinvolti nell’appello bis relativo al tragico disastro di Rigopiano, dove il 18 gennaio 2017 una valanga ha causato la morte di 29 persone all’interno dell’hotel.
Il procedimento si sta svolgendo presso la Corte d’Appello di Perugia, come stabilito dalla Cassazione, che il 4 dicembre 2024 ha confermato la condanna per falso dell’allora prefetto di Pescara, Francesco Provolo. Contestualmente, ha annullato la condanna dell’ex sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, di un tecnico comunale e di due tecnici della Provincia, rinviando in parte il caso a Perugia.
Dettagli sull’appello bis
L’appello bis riguarda i sei dipendenti del servizio di Protezione Civile, inizialmente assolti dalle accuse di disastro, lesioni e omicidio colposo in primo e secondo grado. Oggi, il procuratore ha richiesto una condanna per omicidio colposo plurimo non aggravato, in concorso formale con crollo di costruzioni colposo aggravato dalla verifica del danno. Durante la sua requisitoria, Barlucchi ha citato la sentenza della Cassazione, sottolineando che “era possibile e anche dovuto” prevenire il disastro di Rigopiano.
Il procuratore ha evidenziato come la prevenzione debba essere considerata una priorità per la sicurezza individuale e collettiva. Secondo quanto riportato dagli Ermellini, la classificazione di Rigopiano come sito valanghivo avrebbe dovuto avvenire ben prima dell’evento catastrofico, impedendo l’accesso o limitando l’uso delle strutture presenti nella zona durante le stagioni invernali.
Critiche sulla mentalità di prevenzione
Barlucchi ha messo in evidenza come una riflessione attenta sugli elementi naturali che si presentavano agli indagati avrebbe potuto evitare il disastro. Ha affermato che l’ostacolo principale in Italia è la mentalità con cui ci si approccia alla prevenzione, evidenziando una mancanza di convinzione nell’importanza di tale pratica. Ha insistito sul fatto che la legge deve essere rispettata e che, se fosse stata attuata la classificazione valanghiva, le conseguenze avrebbero potuto essere diverse.
Secondo il procuratore, la mancata classificazione del rischio valanghivo ha avuto un ruolo determinante nel verificarsi della tragedia: “Se fosse stata fatta, non sarebbe successo quanto accaduto”. Al termine della scorsa udienza, Barlucchi aveva già richiesto condanne per i due tecnici della Provincia di Pescara, l’ex sindaco di Farindola e il tecnico comunale. L’udienza continua con le testimonianze delle parti civili, in attesa di ulteriori sviluppi nel processo.
