Il capolavoro di Antonello da Messina, L’Annunciata, custodito presso il Palazzo Abatellis di Palermo, torna al centro dell’attenzione in occasione del 550° anniversario della sua creazione. L’opera, esposta nel 2007 al Museo Diocesano di Milano durante il mandato di Assessore alla Cultura, aveva suscitato un acceso dibattito in Sicilia per il presunto “esproprio” del dipinto, che in quel periodo era inaccessibile al pubblico. L’arte di Antonello, considerato il padre della lingua pittorica nazionale, ha avuto un’influenza profonda anche nel Nord Italia, dimostrando che Milano è parte integrante della cultura italiana.
Il motivo del ritorno all’opera
Il richiamo a L’Annunciata si fa sentire in un momento particolare. In data 8 novembre 2025, il numero speciale di iO Donna ha richiesto una riflessione su un’opera d’arte che rappresentasse la solitudine. Inizialmente, l’attenzione si era rivolta a un’interpretazione più semplice dell’isolamento, ma poi si è evoluta verso una visione più complessa, simile al concetto di un “due che diventa uno”. Questo ha portato a considerare Paolo e Francesca, protagonisti del V Canto dell’Inferno, attraverso la lente del pittore ferrarese Gaetano Previati.
La riflessione si è poi spostata su opere iconiche come L’Annunciata e la Dama con l’ermellino di Leonardo, entrambe rappresentazioni emblematiche della solitudine. Queste figure non solo incarnano l’isolamento, ma anche la potenza di irradiare luce e attrarre l’attenzione divina. Queste opere, quindi, non sono solo rappresentazioni artistiche, ma evocano un mondo intero racchiuso in loro stesse.
La solitudine dell’Annunciata
L’Annunciata di Antonello si distingue per la sua solitudine, che evoca una presenza assente, quella dell’angelo annunciante. La composizione suggerisce l’idea di un dittico, dove l’Annunciata dovrebbe essere affiancata dall’angelo, ma qui Maria appare isolata, quasi assoluta. La sua posizione quasi frontale, contrariamente alla tradizionale iconografia che la vede di profilo, esclude la presenza dell’angelo in un comparto laterale. Questo elemento di novità rende l’opera unica nel suo genere.
L’atteggiamento di Maria, con la mano protesa verso lo spettatore, sembra escludere la necessità dell’angelo. Tuttavia, la sua postura e il gesto della mano sinistra, che tiene il velo, indicano la presenza di un’entità invisibile. In questo contesto, lo spettatore diventa l’angelo, un ruolo che conferisce un senso di nobiltà e partecipazione all’osservatore. La presenza di Maria, quindi, trascende il semplice atto di guardare, invitando a una connessione più profonda.
Il dialogo tra l’Annunciata e lo spettatore
L’Annunciata di Antonello si distingue per il suo sguardo audace, che si rivolge direttamente allo spettatore. Questo approccio innovativo crea un legame immediato, quasi intimo, tra l’opera e chi la osserva. La mano di Maria si estende nello spazio, come se volesse coinvolgere l’osservatore in un dialogo. La mancanza dell’angelo visibile non diminuisce l’intensità dell’opera, anzi, la presenza invisibile diventa palpabile, creando un’atmosfera di sacralità e attesa.
Il leggio gotico, con le sue pagine sospese, accentua ulteriormente il momento di attesa, come se il tempo si fosse fermato nell’istante in cui l’angelo sta per apparire. La solitudine di Maria è quindi una solitudine carica di significato, in cui l’intera esistenza è racchiusa in un attimo. Questo concetto di attesa e di presenza invisibile è un elemento ricorrente nell’arte, richiamando alla mente opere come Las Meninas di Velázquez, dove la realtà e la rappresentazione si intrecciano in modo complesso.
L’Annunciata non è solo un’opera d’arte, ma un’esperienza che invita a riflettere sulla solitudine, sull’attesa e sulla presenza invisibile che ci circonda. La forza di questa opera risiede nella sua capacità di comunicare un profondo senso di spiritualità e connessione, rendendola un capolavoro senza tempo.
