La Procura della Repubblica di Milano ha avviato un’inchiesta riguardante i cosiddetti “cecchini del weekend”, un gruppo di cittadini italiani che, secondo un esposto, avrebbero versato somme significative per unirsi a milizie serbo-bosniache e sparare “per divertimento” contro i civili di Sarajevo durante la guerra in Bosnia. L’indagine, attualmente a carico di ignoti, ipotizza il reato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi abietti. Le testimonianze raccolte indicano che, provenienti da diverse località del nord Italia, molti di questi individui, perlopiù simpatizzanti di estrema destra e appassionati di armi, si radunavano a Trieste. Da qui venivano poi trasportati sulle colline attorno a Sarajevo, dove potevano colpire la popolazione della città assediata, dopo aver pagato le milizie di Radovan Karadzic.
L’esposto del giornalista Ezio Gavazzeni
L’inchiesta prende avvio da un esposto presentato dal giornalista e scrittore Ezio Gavazzeni, il quale intende far luce su una delle pagine più oscure dell’assedio di Sarajevo, avvenuto tra il 1992 e il 1996 e che ha causato almeno 11.000 morti. Il documento, depositato nel gennaio del 2025 presso la Procura, raccoglie una serie di testimonianze e contatti con fonti bosniache che già nel 1993 avrebbero segnalato la presenza di cittadini italiani nelle colline circostanti la capitale bosniaca. Gavazzeni riporta uno scambio di email con un ex membro dei servizi di intelligence militare bosniaci, il quale afferma di aver informato la sede locale del Sismi (oggi Aisi) riguardo alla presenza di almeno cinque italiani impegnati come “cecchini”. Tra di loro, uno sarebbe un imprenditore milanese, proprietario di una clinica privata specializzata in chirurgia estetica. Le informazioni fornite sono ora al vaglio degli inquirenti e saranno soggette a verifiche formali.
Pagavano per provare l’esperienza del fronte
Dalle informazioni raccolte emerge il profilo di un gruppo di simpatizzanti di estrema destra provenienti dal Nord Italia, accomunati dalla passione per le armi. Secondo le testimonianze, queste persone si sarebbero riunite a Trieste prima di essere accompagnate oltre confine verso le postazioni serbo-bosniache nei pressi di Sarajevo. Avrebbero sborsato somme elevate per “provare l’esperienza del fronte”, un fenomeno definito dalle autorità bosniache come una forma di “turismo della guerra”. La ricostruzione suggerisce anche che venissero utilizzate coperture legate all’attività venatoria per giustificare i loro spostamenti.
Le informazioni dei servizi bosniaci
Nel fascicolo presentato alla Procura, Gavazzeni menziona un rapporto dell’intelligence bosniaca che nel 1993 avrebbe comunicato al Sismi la presenza di stranieri armati, tra cui italiani, sulle colline di Sarajevo. Un ex agente dei servizi segreti bosniaci ha riferito di aver condiviso con ufficiali italiani dettagli sulle attività di questi “cecchini-cacciatori”, giunti a Sarajevo tramite contatti a Belgrado. Secondo la testimonianza, l’organizzazione dei viaggi sarebbe stata sostenuta da strutture legate al servizio di sicurezza serbo, con il supporto logistico di aziende dell’ex Jugoslavia utilizzate per mascherare i movimenti.
Le presunte tariffe per le uccisioni: differenze tra civili e militari
Attualmente, l’indagine si trova nelle fasi preliminari e non sono stati ancora avviati atti istruttori. Il pubblico ministero Gobbis ha delegato i carabinieri del Ros per effettuare le prime verifiche, con l’obiettivo di acquisire le testimonianze indicate da Gavazzeni e di accertare l’autenticità dei documenti. L’intento è quello di identificare eventuali cittadini italiani coinvolti nelle azioni dei cecchini durante l’assedio. L’esposto menziona anche una presunta “tariffa” per le uccisioni, con distinzioni tra civili, militari e bambini, un elemento di gravità che, secondo fonti giudiziarie, richiede riscontri precisi prima di qualsiasi valutazione.
Il documentario “Sarajevo Safari”
Tra i materiali allegati all’esposto figura il documentario “Sarajevo Safari” del regista sloveno Miran Zupanic, presentato nel 2022 e dedicato al fenomeno dei “turisti della guerra”. Il film include testimonianze anonime che descrivono la presenza di stranieri sulle linee serbo-bosniache durante l’assedio, tra i quali sarebbero stati presenti anche cittadini italiani. Al momento, la Procura di Milano non ha ancora disposto interrogatori né iscrizioni formali nel registro degli indagati, mentre le verifiche preliminari proseguono.
