Dopo oltre undici anni dalla sua morte avvenuta durante un conflitto nella Striscia di Gaza, il corpo del soldato Hadar Goldin è stato restituito a Israele da Hamas. Le analisi forensi hanno confermato che il cadavere appartiene effettivamente al giovane tenente, un dato già anticipato dal primo ministro Benyamin Netanyahu durante una riunione di governo tenutasi il 25 gennaio 2025. Netanyahu ha espresso la sua soddisfazione per il recupero di 250 ostaggi, promettendo che tutti sarebbero stati riportati a casa. Tuttavia, restano ancora quattro corpi a Gaza, e la restituzione di Goldin era stata indicata da funzionari israeliani e americani come un passo necessario per avviare trattative riguardanti il salvataggio di circa 150 miliziani di Hamas, attualmente intrappolati nei tunnel sotto le città di Rafah e Khan Yunis a causa della presenza dell’IDF (Forze di Difesa Israeliane) in superficie. Israele ha smentito pubblicamente l’esistenza di un accordo, ribadendo l’intenzione di distruggere “fino all’ultimo tunnel” e affermando che i combattenti palestinesi hanno solo due opzioni: “arrendersi o morire”.
Le pressioni degli Stati Uniti e la posizione di Hamas
Gli Stati Uniti stanno esercitando pressioni affinché si raggiunga una soluzione che consenta ai 150 miliziani di uscire dai loro rifugi in cambio di un disarmo pacifico. La fazione militare di Hamas, le Brigate Ezzedin al Qassam, ha dichiarato che nel loro linguaggio non esiste il concetto di resa o di consegna al nemico. Hanno esortato i mediatori a prendersi le proprie responsabilità e a trovare una soluzione alla crisi, per garantire la continuazione del cessate il fuoco e prevenire che Israele utilizzi pretesti per violare la tregua e colpire civili innocenti a Gaza. Recentemente, una fonte della sicurezza egiziana ha comunicato a Reuters che Il Cairo ha proposto che i miliziani intrappolati consegnino le loro armi all’Egitto e forniscano informazioni sui tunnel sotterranei in cambio di un passaggio sicuro. Tuttavia, si riporta che i combattenti si sarebbero preparati a una lunga permanenza nel tunnel di Jenina a Rafah, accumulando scorte di cibo e acqua, come riportato da Channel 12.
Il piano di pace di Donald Trump e le tensioni internazionali
La presenza residua di terroristi nell’area controllata dall’IDF ha finora ostacolato il passaggio alla fase due del piano di pace proposto da Donald Trump, necessario per avviare la ricostruzione di Gaza, almeno in una prima porzione di territorio sgombro da Hamas. Jared Kushner, genero e inviato del presidente statunitense, è giunto in Israele per discutere con Netanyahu dell’attuazione del piano. L’amministrazione americana sta anche cercando di definire un piano in 20 punti da presentare in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che stabilisca le regole di ingaggio e conferisca un mandato internazionale alla Forza di stabilizzazione che dovrà operare a Gaza con un contingente di 20.000 uomini. Israele ha ribadito che la Turchia non sarà inclusa nel piano, considerata troppo vicina a Hamas e ostile, specialmente dopo i mandati di arresto per genocidio emessi contro Netanyahu. Il ministro della Difesa, Katz, ha commentato su X: “Vedrai Gaza solo col binocolo”, in riferimento al presidente turco Erdogan.