Il 14 luglio 2025, la Prima sezione della Corte d’Appello di Roma ha emesso una sentenza che ha confermato le condanne per Francesco Bidognetti, capoclan del clan dei Casalesi, e l’avvocato Michele Santonastaso. Entrambi sono stati condannati rispettivamente a un anno e mezzo e a un anno e due mesi di carcere per le minacce rivolte nel 2008 al giornalista Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione. Queste minacce erano state espresse durante il processo d’appello Spartacus a Napoli, un procedimento che ha messo in luce le attività criminali del clan.
Il contesto delle minacce
I giudici hanno evidenziato come le dichiarazioni fatte dall’avvocato Santonastaso durante l’udienza avessero un chiaro intento intimidatorio. Le esternazioni, lette pubblicamente, si inseriscono in un contesto storico e processuale di grande tensione, in cui il risentimento nei confronti dei due giornalisti era palpabile. Le accuse rivolte a Saviano e Capacchione non solo miravano a screditare il loro operato, ma suggerivano anche che la loro attività di cronaca stesse influenzando negativamente la magistratura, contribuendo a condanne ritenute ingiuste.
Il messaggio implicito contenuto in queste dichiarazioni era inequivocabilmente minaccioso. I giudici hanno sottolineato che la lettura dell’atto di rimessione non era casuale, ma piuttosto un avvertimento diretto, non solo ai due cronisti, ma anche agli affiliati del clan presenti sul territorio. Questo avvertimento rappresentava un segnale chiaro che le azioni ritorsive nei confronti di coloro che venivano identificati come “nemici” erano non solo possibili, ma anche autorizzate.
Le conseguenze delle minacce
La gravità della situazione è stata immediatamente riconosciuta dalle autorità competenti, che hanno avviato misure di protezione per Saviano e Capacchione. Entrambi i giornalisti hanno ricevuto una scorta e sono stati dotati di auto blindate, con particolare attenzione per Saviano, già soggetto a misure di sicurezza a causa delle minacce ricevute in passato. La decisione di adottare tali misure riflette la seria esposizione a rischio a cui erano sottoposti i cronisti, in un contesto in cui le organizzazioni camorristiche napoletane e casertane hanno dimostrato di non esitare nel mettere in atto azioni violente per silenziare le voci critiche.
L’atto della Corte d’Appello di Roma non solo ha confermato le condanne, ma ha anche messo in luce l’importanza della libertà di stampa e della protezione dei giornalisti, sottolineando come le minacce e le intimidazioni non possano essere tollerate in una società democratica. La sentenza rappresenta un passo significativo nella lotta contro la criminalità organizzata e per la salvaguardia dei diritti dei cronisti, che svolgono un ruolo cruciale nel mantenere informata l’opinione pubblica.