Roei Shalev, un giovane di 30 anni, ha scelto di porre fine alla sua vita il 7 ottobre 2025, esattamente due anni dopo il tragico massacro del Nova Festival, dove era riuscito a salvarsi fingendosi morto per sette ore. Durante l’attacco di Hamas, Roei ha assistito all’omicidio della sua fidanzata, Mapal Adam, e del suo amico più caro, Hilly Solomon, un’esperienza che ha segnato profondamente la sua esistenza. Il padre, Ronen Shalev, ha lanciato un appello disperato allo Stato di Israele, sottolineando l’urgenza di affrontare il problema della salute mentale dei sopravvissuti: “Dobbiamo trattare questo problema come un’emergenza nazionale. Non si tratta solo di mio figlio, ma di 4mila famiglie spezzate, di giovani che ogni giorno si aggrappano alla vita con una fatica immensa”.
Il gesto estremo di Roei
Roei Shalev è stato rinvenuto senza vita all’interno di un’auto in fiamme nei pressi di Netanya, in Israele, dopo aver lasciato un post sui social che esprimeva il suo profondo dolore. I suoi amici della comunità Nova Tribe, un gruppo di sopravvissuti all’attacco del 7 ottobre 2023, hanno lanciato l’allerta, ma era già troppo tardi. Il messaggio lasciato da Roei era toccante: “Sono vivo, ma dentro di me è tutto morto. Non riesco più a sopportare il dolore. Perdonatemi”. Nonostante ricevesse supporto da un team di specialisti, il giovane non è riuscito a superare il trauma.
Il peso del senso di colpa
Roei si sentiva come un “caso ambulante di disturbo post-traumatico“, come ha condiviso più volte con i suoi amici. Viveva con un profondo senso di colpa per essere sopravvissuto mentre le persone che amava erano morte. Il padre, Ronen Shalev, ha evidenziato che non è sufficiente l’intervento di iniziative private o di singole equipe di specialisti, ma è necessario un sistema professionale che affronti la crisi psicologica dei sopravvissuti. “Le chiamo famiglie Nova – ha dichiarato – perché l’impatto di quel giorno ha colpito interi nuclei familiari: non solo chi era presente, ma anche genitori, fratelli e partner. Tutti pagano il prezzo”.
Un dolore silenzioso e sottovalutato
La morte di Roei non è un caso isolato, ma rappresenta un fenomeno più ampio legato al massacro. La madre di Roei si era tolta la vita solo due settimane dopo l’attacco, sopraffatta dal dolore per la perdita della compagna del figlio. Anche lei ha scelto di porre fine alla sua vita incendiando la propria auto. Un altro esempio tragico è quello di Shirel Golan, una ragazza di 22 anni sopravvissuta al festival, che ha messo fine alla sua vita l’anno scorso dopo una lunga lotta contro il disturbo post-traumatico.
La battaglia di Ronen Shalev
Ronen Shalev ha evidenziato l’esistenza di un “secondo cerchio di vittime”, composto da persone che, dopo il trauma, muoiono lentamente a causa del peso psicologico che portano con sé. “Ci sono genitori che non reggono, ragazzi che pensano di potercela fare da soli, ma non si rendono conto di quanto abbiano bisogno di aiuto. Spesso, quando ci accorgiamo della situazione, è troppo tardi”, ha commentato. La tragedia del Nova Festival, avvenuta il 7 ottobre 2023, ha causato la morte di circa 370 persone e ha visto decine di ostaggi portati a Gaza. A distanza di due anni, 20 di questi ostaggi risultano ancora vivi e il loro rilascio è atteso a breve.
Ronen Shalev continua a combattere per la giustizia e il riconoscimento delle vittime del trauma. “Lo Stato deve riconoscere anche chi si è tolto la vita a causa del trauma. Mia moglie, ad esempio, non è ancora stata riconosciuta come vittima. Serve un sistema integrato e pubblico per educare le famiglie, fornire strumenti ai genitori e formare professionisti. Queste terapie possono salvare vite”.