Dopo l’importante annuncio dell’intesa tra Israele e Hamas, il dibattito sul Premio Nobel per la Pace torna a focalizzarsi su Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha sottolineato il contributo del suo paese nei negoziati, senza però menzionare direttamente una candidatura per il riconoscimento. Fonti politiche affini a Trump e osservatori internazionali hanno ripreso l’idea di una sua possibile candidatura, già emersa in passato. Nel giugno 2025, durante le trattative tra Israele e i Paesi arabi, il suo nome era già circolato grazie ai rapporti diplomatici instaurati con il mondo arabo. Con il nuovo processo diplomatico in atto, l’idea di una candidatura si ripresenta, ma le rigide regole e l’ampia rosa di candidati rendono difficile prevedere se il nome di Trump verrà effettivamente pronunciato a Oslo il 10 ottobre.
Funzionamento del Nobel per la pace: criteri e scadenze
Il Premio Nobel per la Pace viene annualmente conferito dal Comitato norvegese del Nobel. L’annuncio dei vincitori avviene il 10 ottobre, mentre la cerimonia ufficiale si svolge il 10 dicembre a Oslo. Le candidature devono essere presentate entro il 31 gennaio dell’anno corrente. Eventuali eventi diplomatici successivi a questa data, come l’accordo tra Israele e Hamas, potrebbero influenzare il premio dell’anno successivo, ma non quello attuale. I nominatori autorizzati comprendono parlamentari, ex capi di Stato, accademici di specifiche discipline, direttori di istituti per la pace e membri di ONG premiate in passato. I nomi dei candidati e dei proponenti rimangono riservati per 50 anni, rendendo complesso avere un quadro ufficiale delle candidature in corso. Tuttavia, molte di esse vengono rese note dai proponenti o dai media.
Trump e il sogno del Nobel: strategie per la candidatura
Donald Trump ha frequentemente menzionato il Nobel come un obiettivo non raggiunto. Durante la sua presidenza, ha rivendicato risultati che, secondo lui, lo rendevano meritevole del premio, dagli Accordi di Abramo tra Israele e paesi arabi ai tentativi di mediazione con la Corea del Nord. Dopo l’annuncio del piano con Hamas, il presidente ha immediatamente comunicato la notizia sui suoi canali social, anticipando eventuali dichiarazioni ufficiali israeliane. A sostenerlo c’è il deputato repubblicano Darrell Issa, che ha formalmente nominato Trump per il Nobel. Anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe espresso una raccomandazione in suo favore, mentre il governo del Pakistan ha manifestato l’intenzione di proporlo per il premio, citando il suo impegno nei Balcani e in Medio Oriente. Figure vicine a Trump, come l’inviato speciale Steve Witkoff, hanno elogiato l’accordo come un “risultato senza precedenti”, attribuendo al presidente il merito principale nella de-escalation della regione.
Obiezioni: limitazioni formali e critiche
Mentre i sostenitori di Trump lo considerano un “candidato forte”, i critici evidenziano almeno tre ostacoli principali. Il primo riguarda le azioni diplomatiche del tycoon, che si sono concentrate nei mesi successivi alla scadenza del 31 gennaio, complicando una candidatura valida per il 2025. Il secondo è di natura storica e reputazionale: parte del comitato norvegese tende a favorire figure meno politicizzate, come attivisti, religiosi o operatori umanitari, mentre Trump è visto come una figura polarizzante. Infine, molti osservatori segnalano una campagna “troppo evidente”, con pressioni mediatiche e lobbying che potrebbero compromettere la credibilità della sua proposta. Inoltre, le decisioni controverse prese durante la sua presidenza, come il ritiro dall’accordo di Parigi e la costruzione del muro al confine con il Messico, potrebbero essere viste come in contrasto con i valori del Nobel.
Possibili vincitori del Nobel per la pace 2025
Secondo i dati ufficiali del Norwegian Nobel Committee, per il 2025 sono state presentate 338 candidature, di cui 244 persone e 94 organizzazioni. Sebbene i nomi restino segreti, ci sono alcune ipotesi sui favoriti:
- Irwin Cotler, giurista canadese e avvocato dei diritti umani, noto per la sua difesa di Nelson Mandela e per la fondazione del Raoul Wallenberg Centre for Human Rights, attivo nella denuncia di crimini di guerra e persecuzioni in paesi come Siria, Iran, Russia e Cina.
- Yulia Navalnaya, vedova di Alexei Navalny, simbolo della resistenza al regime russo, sostenuta da europarlamentari e attivisti per la democrazia.
- Organizzazioni umanitarie come Medici Senza Frontiere e il World Food Programme, attive in contesti di crisi in Medio Oriente e Africa.
- Attivisti pro-palestinesi che operano nei territori occupati e documentano le violazioni dei diritti umani.
- Figure religiose che promuovono il dialogo interreligioso in aree di conflitto, spesso scelte per la loro autorevolezza morale e impatto non politico.
Trump vs Obama: il premio come sfida simbolica
Trump ha frequentemente citato Barack Obama come riferimento per le sue ambizioni al Nobel. Obama ricevette il premio nel 2009, a meno di un anno dal suo insediamento, per i suoi sforzi nel rafforzare la diplomazia internazionale. Questa decisione, che divise l’opinione pubblica, conferì all’ex presidente democratico un’aura di legittimazione globale. Per Trump, ottenere lo stesso premio rappresenterebbe una compensazione simbolica. Inoltre, l’assegnazione del Nobel potrebbe migliorare la sua posizione in vista delle elezioni statunitensi, conferendo al suo profilo politico un respiro internazionale. Per lui, il premio potrebbe diventare uno strumento di narrazione identitaria, trasformandosi da uomo d’affari a mediatore globale.
Il verdetto resta incerto, ma le probabilità sono basse
Mentre Trump si prepara a un viaggio in Medio Oriente per “celebrare” l’accordo, l’attenzione si sposta su Oslo. Se il comitato decidesse di premiare un protagonista dell’accordo Israele-Hamas, non è garantito che il suo nome coincida con quello del presidente. Le prossime settimane saranno cruciali, ma il contesto attuale suggerisce che il sogno del Nobel rimane, per il momento, più una strategia narrativa che una concreta opportunità.