Filosofia e surrealismo: l’universo alternativo di Rodney Smith

Egidio Luigi

Ottobre 4, 2025

Il surrealismo e la filosofia si intrecciano in un’esperienza visiva che sfida la percezione comune, portando l’osservatore a esplorare il confine tra la perfezione divina e l’incompletezza umana. Questa ricerca incessante di un equilibrio formale si manifesta attraverso immagini che raccontano storie più profonde di quanto non sembri a prima vista. In questo contesto, Rodney Smith, fotografo di New York scomparso nel 2016 all’età di 68 anni, ha saputo immortalare un mondo alternativo, caratterizzato da geometrie precise, ombre e luci che catturano l’essenza del suo soggetto. La prima retrospettiva italiana dedicata a Smith è attualmente in corso a Rovigo, dove sono esposte 123 fotografie che rivelano il suo approccio unico alla fotografia.

Un viaggio attraverso l’arte di Rodney Smith

La mostra, intitolata “Rodney Smith, fotografia tra reale e surreale”, è prodotta da Silvana Editoriale e si propone di far conoscere una figura artistica spesso sottovalutata, riconosciuta principalmente per i suoi lavori nel mondo della moda. La curatrice Anne Morin sottolinea l’importanza di Smith, definendolo non solo un fotografo, ma un vero e proprio filosofo che ha utilizzato la fotografia per esprimere la sua visione del mondo. Nel catalogo della mostra, Morin esplora il profondo legame di Smith con i pensatori come Spinoza, Cartesio e Platone, evidenziando la sua vasta biblioteca di testi filosofici e di teologia.

Le opere di Smith offrono uno sguardo su un universo incantato, dove l’umanità e il divino si incontrano. Morin osserva che Smith ha la capacità di creare uno spazio in cui l’osservatore può entrare e scoprire una nuova dimensione della realtà. Le fotografie, caratterizzate da atmosfere sospese, ritraggono personaggi che sembrano fluttuare nel tempo e nello spazio, privi di riferimenti temporali e geografici. Le immagini, pur essendo concepite con grande attenzione ai dettagli, nascono da un processo spontaneo. Smith sceglie il luogo e attende il momento giusto per catturare l’equilibrio perfetto tra luce e composizione.

La carriera e l’eredità di Rodney Smith

Rodney Lewis Smith ha sviluppato una passione per la fotografia fin dalla giovane età. Formatosi sotto la guida di Walker Evans, e ispirato da artisti come Margaret Bourke-White, Henri Cartier-Bresson e William Eugene Smith, ha collaborato con alcune delle più prestigiose pubblicazioni, tra cui Time, Wall Street Journal, The New York Times e Vanity Fair. La sua carriera è stata segnata da un forte legame con il mondo della moda, ma Smith si definiva “un ansioso solitario”. Per gran parte della sua vita, ha scattato in bianco e nero, utilizzando solo pellicola e luce naturale, evitando ritocchi digitali. È passato al colore nel 2002, pur ritenendo che non potesse eguagliare la potenza espressiva del bianco e nero.

La retrospettiva di Rovigo non si limita a esplorare la fotografia, ma richiama anche elementi della pittura e influenze cinematografiche di registi come Hitchcock, Terrence Malick e Wes Anderson. Durante l’inaugurazione, Leslie Smolan, vedova di Smith e custode della sua eredità artistica, ha condiviso il suo ricordo del primo incontro con l’artista nel 1987, esprimendo la sua gioia per l’opportunità di presentare il lavoro di Smith al pubblico italiano. Descritto come “un ingegnere del tempo perduto”, Smith era un perfezionista meticoloso, capace di costruire un ordine geometrico nei suoi pensieri. La sua riflessione sulla fotografia è riassunta in una frase che evidenzia il suo approccio critico: “Se una foto ha una risposta per ogni domanda, non serve guardarla più di una volta”.

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