Paziente con Hiv continua a risultare positivo al Covid per 750 giorni

Marianna Perrone

Settembre 18, 2025

Nello studio pubblicato su Repubblica, viene esaminata la storia clinica di un uomo di 41 anni che ha contratto il Covid nel mese di maggio 2020. In quel periodo, l’Italia stava affrontando un severo lockdown, che ha limitato l’accesso alle cure mediche necessarie per molti pazienti. Di conseguenza, l’uomo non ha potuto ricevere la terapia antiretrovirale di cui avrebbe avuto bisogno.

Analisi condotta da Joseline Velasquez-Reyes

Dal marzo 2021 fino a luglio 2022, la bioinformatica Joseline Velasquez-Reyes, assieme ai suoi collaboratori dell’Università di Boston, ha condotto un’analisi approfondita raccogliendo campioni virali dal paziente. I risultati di questo studio hanno rivelato che il virus presente nel soggetto accumulava mutazioni a una velocità molto elevata, paragonabile a quella riscontrata in una comunità di persone infette.

Variazioni nella proteina Spike

Durante le analisi, sono state identificate diverse variazioni nella proteina Spike, fondamentale per l’infezione delle cellule da parte del virus. In particolare, dieci di queste variazioni corrispondevano a posizioni già osservate nella variante Omicron. Questo suggerisce che il coronavirus, all’interno di un singolo individuo, ha la capacità di sviluppare mutazioni simili a quelle che portano all’emergere di nuove varianti a livello globale.

Implicazioni della ricerca

Questi risultati pongono interrogativi significativi sulla capacità del virus di evolversi e adattarsi, sottolineando l’importanza di monitorare le mutazioni virali non solo in popolazioni ampie ma anche a livello individuale. La ricerca di Velasquez-Reyes e del suo team rappresenta un passo importante nella comprensione della dynamica evolutiva del Covid-19 e delle sue varianti.

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