Un uomo al comando. Benjamin Netanyahu prosegue imperterrito nella sua strategia, ignorando le richieste di moderazione e le condanne internazionali, compresa quella dell’ONU che ha parlato di “genocidio” a Gaza. Il primo ministro israeliano ha dichiarato di voler distruggere Hamas e liberare gli ostaggi ancora nelle mani del gruppo terroristico, ma i risultati ottenuti finora sono deludenti. L’ultima offensiva, che ha visto l’invasione di Gaza City, ha suscitato la condanna globale, seguendo un attacco in Qatar mirato a colpire alcuni leader di Hamas.
Decisioni politiche di Netanyahu
Le recenti decisioni di Netanyahu, che includono l’espansione degli insediamenti e l’annessione in Cisgiordania, hanno avuto un impatto politico significativo: Israele è sempre più isolato sulla scena internazionale. Attualmente, l’unico alleato di peso rimane Donald Trump, un supporto indubbiamente rilevante, ma è chiaro che il premier israeliano ha perso gran parte della solidarietà e del sostegno politico che aveva ricevuto dopo l’attacco del 7 ottobre, quando Hamas ha scatenato una violenza senza precedenti.
Impatto umanitario a Gaza
Il numero crescente di civili, tra cui donne e bambini, uccisi a Gaza, insieme a fame, sete e mancanza di cure mediche, sta pesando in modo insostenibile sull’immagine di Israele, un paese che ha visto figure storiche come Shimon Peres e Yitzhak Rabin, entrambi premi Nobel per la Pace nel 1994. La fiducia dell’Europa, tradizionalmente al fianco di Israele e sostenitrice della soluzione dei due Stati, è in declino. Le cancellerie europee stanno cominciando a discutere apertamente di possibili sanzioni contro Israele.
Crisi della coesistenza
La visione di una coesistenza pacifica tra israeliani e palestinesi sembra ora un’utopia, affossata dalle politiche attuali del governo israeliano. Il dialogo con i Paesi arabi sunniti del Golfo, che aveva visto un avvicinamento significativo grazie agli Accordi di Abramo, è anch’esso in crisi. Anche l’Arabia Saudita, un attore chiave nel mondo sunnita, stava avvicinandosi a Tel Aviv, ma l’attacco in Qatar ha compromesso seriamente queste relazioni.
Dialogo e mediazione
Dopo il 7 ottobre, il dialogo era ripreso, grazie anche al ruolo del Qatar come mediatore tra Israele e Hamas. Tuttavia, l’azione di Netanyahu ha portato a reazioni dure da parte di Doha e ha raffreddato ulteriormente i rapporti con gli altri Paesi arabi, riportando indietro il processo di avvicinamento.
Sostegno di Trump
A sostenere Netanyahu rimane Donald Trump, che ha inviato il suo ministro degli Esteri, Marco Rubio, in visita a Israele. Rubio ha ribadito il “sostegno incrollabile” degli Stati Uniti verso Israele nel perseguire i suoi obiettivi a Gaza. Dopo questo incontro, Rubio si è recato a Doha per cercare di riparare i danni causati dalle azioni israeliane. Il piano di Trump per stabilizzare il Medio Oriente e riavvicinare Israele ai Paesi del Golfo ha subito un duro colpo, complicato da interessi politici, economici e commerciali, inclusi quelli legati all’energia.
Situazione attuale di Trump
Attualmente, il progetto di Trump sembra essere in stallo. Nonostante il sostegno ufficiale a Netanyahu, il presidente statunitense potrebbe non essere soddisfatto della situazione attuale, mentre Cina e Russia stanno guadagnando terreno nella regione. Inoltre, le promesse fatte da Trump durante la campagna elettorale non sono state mantenute: la guerra in Ucraina continua e la situazione a Gaza si aggrava giorno dopo giorno. Né Putin né Netanyahu sembrano prestare attenzione alle richieste di Trump, il quale si troverà presto a dover prendere decisioni più decisive. Per ora, il sostegno storico a Israele rimane, ma Netanyahu e il suo paese si trovano sempre più soli.